MASTER CGIL MARCHE: ALLERUZZO, LA NOSTRA UNA REGIONE IN METAMORFOSI

MASTER CGIL MARCHE: ALLERUZZO, LA NOSTRA UNA REGIONE IN METAMORFOSI

Settore: LEGACOOP MARCHE

"La grande crisi in corso da dieci anni, ma che con altri nomi era in atto da ben prima, ha determinato una grande metamorfosi economica, sociale e culturale della nostra regione". Questo l'incipit dell'intervento del presidente di Legacoop Marche, Gianfranco Alleruzzo, a "L'economia marchigiana vista dalle associazioni di imprese: punti di crisi e opportunità", il contributo delle organizzazioni di rappresentanza al Master formativo di Cgil Marche, che si è svolto nel Monastero di Fonte Avellana (Pu).

 

"Parlo di metamorfosi, cioè di un cambiamento della forma delle Marche, perché la regione più artigiana di Italia è probabilmente tra quelle che ha pagato di più il prezzo della crisi -  ha detto Alleruzzo -, tra gennaio e marzo 2017 sono state 4233 le imprese chiuse, con un saldo negativo di 1.200 unità (fonte linkiesta.it), soprattutto nelle calzature, nella meccanica e nel legno arredo. A questa crisi del tessuto imprenditoriale va affiancata la grande crisi bancaria, dove le casseforti della ricchezza locale si sono trasformate da volano dell’economia in zavorra per i territori, le imprese e le famiglie. Senza dimenticare il terremoto che ha colpito buona parte della nostra regione, con un effetto alone che l’ha investita tutta, basti vedere la riduzione in atto degli arrivi nelle zone montane anche del Pesarese.

 

Un insieme di fattori che tutti assieme stanno determinando, stando ai dati Istat, il raddoppio dei poveri nei piccoli borghi del centro Italia, mentre si dimezzano nelle metropoli del Nord ed al Sud si sta assistendo a segni di miglioramento. Infine i distretti delle aree interne dell’Italia di mezzo sono in coda nei piani di acquisizione all’estero ed in quelli di reshoring produttivo (ritorno delle imprese che si erano spostate all’estero).


Insomma stiamo assistendo ad una trasformazione che sta acuendo gli squilibri già in atto da tempo, ad esempio tra costa ed entroterra, tra diversi settori economici e tra imprese degli stessi settori. Uno squilibrio che investe i territori anche in conseguenza della presenza o carenza delle reti infrastrutturali materiali (vie di comunicazione, reti, presidi territoriali, ...) ed immateriali (servizi di welfare, sanità, scuola, formazione, …). Perché è in atto una dinamica cumulativa delle disuguaglianze che prende il nome di effetto San Matteo preso a prestito dal versetto che dice “perché a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”. (espressione coniata nel 1968 da R.K. Merton).


Una trasformazione che non riguarda il solo ambito economico, ma che investe l’intera collettività e che per questo non può essere affrontata con i soli strumenti economici, ma un mix di strumenti economici, culturali e sociali la cui elaborazione richiede un pensiero in grado di superare i limiti dell’attuale modello di sviluppo. Un modello di sviluppo, che è anche un modello di convivenza civile, è da considerare da superare quando i problemi che crea sono superiori ai benefici che arreca alla collettività. L’attuale modello si sta pericolosamente avvicinando a diventare produttore di disagio per la maggioranza della popolazione.


Questo insieme di tensioni hanno determinato una situazione di grande disagio, come sempre avviene nei momenti di cambiamento, ma sono anche l’occasione per rilanciare il modello marchigiano che allo sviluppo economico ha visto sempre affiancati coesione sociale, welfare, produzioni di eccellenze e di culture.


La cooperazione da sempre coniuga economia e sociale, perché siamo un progetto di democrazia economica, dove la tensione è quella della massima diffusione del potere e non la sua concertazione. Una tensione oggi necessaria, perché è proprio la concertazione di ricchezza, di infrastrutture, di oppournità (cioè di potere) una degli elementi che sta determinando la crisi in corso.


In questi anni la cooperazione della nostra regione è stata investita in maniera differente dalla crisi:


1) Il settore delle cooperative di costruzioni e di abitazione è stato quasi azzerato (di 11 cooperative oggi ne sono sopravvissute 3, e non stanno bene)


2) l’area lavoro e servizi ha visto la crisi delle cooperative industriali – soprattutto quelle che operano nel mercato interno – e di quelle di servizi – queste ultime soprattutto per l’elusione dei diritti dei lavoratori con fenomeni di dumping come nella logistica


3) Il settore agricolo e della pesca era in difficoltà prima della crisi e lo è tutt’ora, all’apparenza sembra che abbia resistito alla crisi, in realtà a continuato a vivere con difficoltà come prima e questa situazione di continuità viene letta come elemento di tenuta del sistema


4) Il settore sociale è cresciuto, ma con grandi differenze al suo interno tra grandi, medie e piccole cooperative (queste ultime maggiormente in difficoltà) e con una crisi che invece ha investito le cooperative di inserimento lavorativo


5) Tenuta complessiva delle cooperative di consumo e del dettaglio.


Alcuni dati della cooperazione LegaCoop nelle Marche:


1) 280.000 soci
2) 13.000 lavoratori
3) 1,7 miliari di € di fatturato, di cui 1,123 di cooperative con sede legale nelle Marche.


Oltre alla cooperazione classica, ci sono nuove frontiere della cooperazione:


1) Workers buyout: imprese recuperate in forma cooperativa. La maggior parte nel settore manifatturiero, dove uomini e donne hanno unito le loro forze e, lontano dai riflettori dei media nazionali, hanno rischiato i loro soldi, si sono rimboccati le maniche e hanno rigenerato le imprese per le quali lavoravano, trasformandole in cooperative. Fra questi coraggiosi, ci sono i soci della Tecnos e della L&Q, cooperative di Legacoop, protagoniste insieme ad altre otto esperienze italiane di workers buyout, del libro "Se chiudi ti compro. Le imprese rigenerate dai lavoratori" di Paola De Micheli, Stefano Imbruglia, Antonio Misiani, editore Guerini e Associati, prefazione di Romano Prodi.


2) Cooperative di Comunità: produce vantaggi a favore di una comunità alla quale i soci appartengo. La produzione di beni e servizi incidono sulla qualità della vita sociale ed economica della comunità. E’ una forma di cooperativa che pensiamo sia un’occasione per creare comunità economica e sociale nelle aree investite dal sisma e nelle aree interne, per contrastare il fenomeno San Matteo.


3) Cooperative che gestiscono beni confiscati alla criminalità organizzata: sono in totale 448 organizzazioni di cui 123 cooperative che gestiscono beni confiscati, per un valore dei beni immobiliari di 362 milioni di euro. Le cooperative hanno valore della produzione di 130 milioni di euro e 4.200 occupati.


4) Declinazione cooperativa dell’industria 4.0. Con questo termine si indica una tendenza dell'automazione industriale che integra alcune nuove tecnologie produttive per migliorare le condizioni di lavoro e aumentare la produttività e la qualità produttiva degli impianti. Per la cooperazione parlare di Cooperazione 4.0 vuol dire affrontare alcuni nodi irrisolti della nostra economia. Integrazione non può essere solo investire in nuove tecnologie, ma in un progetto collettivo cioè in partecipazione quale elemento di sviluppo del progetto di impresa cooperativo. Inoltre, va affrontato alla radice il rischio che l’innovazione sia nemica del lavoro, così come che le nuove forme di intermediazione digitali cancellino diritti dei lavoratori e dei consumatori. Dobbiamo ritrovare il coraggio di chi ha iniziato la nostra storia 130 anni fa: il nostro compito è far parte di questo cambiamento per inventare nuovi modi per conciliare sviluppo e centralità delle persone, crescita e comunità, con una particolare attenzione a donne e giovani".

 



SUGLI STESSI ARGOMENTI: Legacoop Marche, Cgil Marche