NELPAESE.IT: GROSSETTI (LEGACOOPSOCIALI) INTERVIENE NEL DIBATTITO SUI FATTI DI ROMA

NELPAESE.IT: GROSSETTI (LEGACOOPSOCIALI) INTERVIENE NEL DIBATTITO SUI FATTI DI ROMA

Settore: SOCIALE

“L’emersione della vicenda ‘Mafia Capitale’ racconta molte cose e non può che determinare conseguenze su Legacoop ed il rapporto con le associate”. Fabio Grossetti, responsabile Legacoopsociali Marche, interviene nel dibattito da nelpaese.it sui fatti di Roma.


“In questa vicenda non è stata coinvolta semplicemente la cooperazione, ma la cooperazione sociale di inserimento lavorativo. La cooperazione più “nobile” del sistema cooperativo, perché si prende cura di avviare nel mondo del lavoro cittadini fragili che altrimenti non avrebbero mai avuto questa opportunità. Che uno strumento di partecipazione e riscatto sociale si sia trasformato, nelle mani di dirigenti senza scrupoli, in complice della malavita per una gestione opaca non solo degli appalti, ma anche della vita sociale e politica è raccapricciante. Noi siamo vittime di questa situazione e quindi bene l’immediata risposta di Legacoop che ha espulso dagli organi coloro che sono stati coinvolti . Per il futuro sarà necessario comunque prendere altre decisioni, se vogliamo fare in modo che quanto avvenuto non si ripeta.


Le cooperative si sottopongono già a numerose verifiche e quindi è del tutto inutile inasprire i controlli aumentando passaggi che, troppo spesso, divengono solo nuova burocrazia. In questi anni nel nostro paese ad ogni scandalo si è andati nella direzione di inasprire controlli e procedure, ma le conseguenze sono davanti agli occhi di tutti: maggiori costi e nessun effetto. Le scelte che possiamo immaginare come Legacoop sono di aprire bene le orecchie e gli occhi non solo sui bilanci e sui verbali delle cooperative, ma anche sulla reputazione che ogni cooperativa porta con se nel suo agire quotidiano. Una reputazione informale, ma indispensabile per soggetti che fanno della mutualità e della partecipazione l’elemento cardine del loro agire imprenditoriale. Uno strumento utile ad avviare incontri con i soci per sentire direttamente da loro il livello della partecipazione alla vita della cooperativa. I soci e i gruppi dirigenti devono essere formati ed informati. Non si tratta, anche qui, di aumentare controlli e verifiche, ma di dare valore al rapporto interno ed esterno che ogni cooperativa ha la responsabilità di curare.


Anche questo però non sarà sufficiente se in Italia non si mette mano ad una nuova stagione degli appalti pubblici. Gli appalti devono essere strumenti per garantire dignità del lavoro e qualità dei servizi o beni ai prezzi migliori, non lo strumento principe per ridurre costi e ripianare i bilanci delle esangui casse pubbliche. Se il rispetto del lavoro è assicurato e se i servizi erogati o i beni prodotti sono di qualità non c’è spazio per traffici illeciti. Di conseguenza eliminare una volta per tutte le gare al massimo ribasso e, per i servizi del welfare, eliminare totalmente le gare e passare ad un sistema di accreditamento. Perché i servizi di welfare non sono prestazioni ad ore, ma patti territoriali per offrire risposte a bisogni che non possono essere gestiti tramite le gare di appalto.


Infine, sempre nell’ottica del rispetto del lavoro e della qualità dei beni e servizi, uscire una volta per tutte dalla logica dell’emergenza. L’emergenza è tale perché permette una gestione oltre i normali vincoli, nel suo febbrile rincorrere i problemi permette di assumere decisioni insindacabili, che troppo spesso nulla hanno a che fare con la risposta ai reali problemi per i quali prende avvio. A Roma si è scoperchiato un verminaio dove chi protesta contro i campi rom o gli immigrati aveva tutto l'interesse a mantenere un sistema della emergenza senza fine. Con l’emergenza l’istituto dell’accoglienza assomiglia alla gestione di una discarica di umanità sofferente, ed è del tutto normale che quartieri già privati di servizi e risorse culturali non vogliano discariche vicino casa. Troppo spesso tutto grava sulle spalle degli operatori, spesso generosi. La cultura dell’emergenza è il risultato della incapacità di capire e governare la complessità, oltre che lo strumento principe per affari poco trasparenti.


Si deve fare in modo che la programmazione e la pianificazione diventino la norma con la quale affrontare i problemi del nostro paese e questo è il primo passo per eliminare il rischio di trasformare la risposta a bisogni fondamentali per il nostro vivere civile, in nuove occasioni di illegalità. Questa vicenda ci insegna che non c’è danno più grande che trasformare la risposta ai legittimi bisogni di cittadini in stato di bisogno in una scelta non solo inutile, ma addirittura dannosa per la collettività. E questo noi cooperatori non possiamo e dobbiamo permetterlo”.

 

 

 

 



SUGLI STESSI ARGOMENTI: Legacoopsociali Marche, Fabio Grossetti